C’è dentro un secolo di storia e più. Il paese delle origini e la famiglia da cui è venuto fuori. L’economia, i sogni, le sofferenze e le soddisfazioni. Via Primicerio era ancora aperta campagna quando nell’anno 1958 si metteva mano alla costruzione del palazzo dove poi la famiglia di Michele Toscano andò a vivere e scrivere la propria storia. Figlio di Gennaro, tra i più noti (se non il più noto) tra commercianti di olive a Sant’Anastasia, che seppe unire la Sicilia alla Campania, Gennaro Toscano era anche un agente immobiliare di quelli anche litteram che bene conosceva i “segreti” di quel mestiere. Un libro di 54 pagine che si legge in pochissimo tempo e che Michele Toscano ha scritto in onore del padre e non ha voluto mettere in vendita per non lucrare sulla memoria. Ma che porta luce ed emozioni su passaggi storici della cittadina vesuviana…
Alla fine tra i due mestieri del padre (il commerciante di olive e l’agente immobiliare) Michele Toscano si è ritrovato a stare comunque dentro le intermediazioni immobiliari. Spesso andando controcorrente e persino contro i propri interessi economici per amor di giustizia e di verità. Come quando si trattò di “calmierare” il mercato immobiliare a Sant’Anastasia e non ci pensò poi troppo a dire la sua con franchezza sulle pagine de “il Cittadino” giornale cartaceo d’inizio millennio che sbancava e che lui sosteneva anche con la sua impresa. Questa volta si è trattato di ricostruire ben più di un secolo di storia. I nonni, i genitori, i coetanei, i figli in un paese che cambiava pelle, economia, volto, strade. Nascevano palazzi che oggi compongono la geografia dei quartieri anastasiani. Tra un viaggio e l’altro il padre Gennaro stringeva legami con siciliani di spicco da cui si guardava bene.
«Tutto ebbe inizio – scrive Michele Toscano aprendo la narrazione – dalla lavorazione delle olive. Come ogni storia, colma di fascino e poesia, quella della nostra famiglia ebbe inizio con il commercio delle olive da tavola gestito dal nonno Michele. Eravamo alle ultime battute del diciannovesimo secolo e il paese di Sant’Anastasia non era affatto come ora. Dove oggi sorgono imponenti palazzi prima vi erano fertili terreni coltivati, dove oggi vi sono parcheggi e rotonde c’erano spazi adibiti al pascolo. Se ad oggi ogni piazza è circondata da palazzi, negozi, bar è grazie anche agli investimenti e agli sforzi che nel tempo ha saputo fare mio padre e altri uomini in gamba come lui. Ma di questo ne parlerò più avanti».
I ricordi sono nitidi, la ricostruzione di Michele Toscano è puntuale, precisa. Si presta ad una lettura che rinfranca il cuore. Colma di garbo e di premure.
«Sant’Anastasia – prosegue Michele Toscano – è abitata da tempo immemore, dai primi insediamenti produttivi di età romana che nonostante i diversi eventi vulcanici continuarono ad essere frequentati ed abitati anche nel medioevo e nei secoli successivi. In tempi passati il paese era costituito per lo più da un centro urbano preminente costruito intorno alla chiesa parrocchiale e al palazzo nobiliare dei Siano, divenuto poi la sede comunale. Le attività principali erano l’agricoltura, il fiorente artigianato del rame e il commercio. C’erano anche impianti industriali di una relativa grandezza ed importanza ma questa è un’altra storia. Con l’avvento della Circumvesuviana, che andava via via a sostituire i carretti trainati da cavalli o somari, cominciarono a intensificarsi gli spostamenti per lavoro e naturalmente per il commercio diventando sempre più lucroso e diffuso per i diversi paesi vesuviani».
«Di seguito, in queste pagine, continua ancora Michele Toscano – rievocherò una serie di episodi che mi sono stati raccontati, nel corso degli anni, dai miei parenti più stretti e vicini e dagli amici fidati della mia famiglia. Alcuni di questi preziosi momenti li ho vissuti in prima persona, guardando il mio papà e godendo della sua presenza. Voi che leggete, certo non potete sapere che mentre riporto i dettagli della storia familiare mi scendono sincere lacrime giù per il viso e mi viene la pelle d’oca. Ripenso a quei momenti che appaiono essere avvenuti ieri, il mio cuore si stringe e la gola si chiude per l’emozione e per il fortissimo ricordo che ho di lui».
Un libro che è anche un atto di gratitudine di un figlio verso suo padre che pure Michele Toscano ha perso diversi anni fa. Tuttavia «voi non lo sapete – confessa Michele Toscano, patron di Gudero Immobiliare – di quanto io senta vicina la sua presenza e quanto ogni giorno quel magnifico uomo che mio padre era possa mancarmi. Ero un ragazzino quando papà è morto, la sua assenza mi addolora profondamente ancora oggi. Ciononostante, il ricordo è intenso e ben presente dentro me ed anche se abbiamo avuto poco tempo ha saputo insegnarmi tutto quello di cui lui era a conoscenza. Mi ha insegnato ad essere forte e impavido, caparbio e deciso. Molte volte alla fine del giorno, quando sono con me stesso e con i miei pensieri, è a lui che mi rivolgo ed è a lui che con somma gratitudine rivolgo le mie più profonde preghiere. Devo a lui più di quanto io possa immaginare e come è giusto che sia lo ringrazio infinitamente per i doni che mi ha trasmesso». Ma la storia che Michele Toscano racconta in questo “Libro di Famiglia” è ben più ampia di una generazione.
«Questa storia – scrive Michele Toscano – ha inizio con il nonno paterno e si ferma, per ora, con mio figlio. Il nonno Michele era soprannominato “a sturtina” a causa di un incidente accadutogli durante il trasporto di olive. A quel tempo non c’erano di certo le automobili, le strade, pavimentate da grossi basoli o da piccoli conci di basalto detti “sanpietrini”, spesse volte erano sconnesse e dissestate, non era facile spostarsi da un luogo ad un altro, soprattutto con i mezzi in uso alla fine dell’Ottocento. Perché si, il nonno era nato poco dopo l’Unità d’Italia, quando la lotta all’analfabetismo cominciava appena a muovere i suoi primi passi e le prime riforme sociali, in favore dei meno abbienti, venivano proposte e promosse.
Possedeva un carretto sopra il quale caricava le sue botti in legno strabordanti di olive e le portava in consegna ai negozianti dei paesi e delle città vicine. In uno di questi suoi spostamenti di lavoro accadde che venne sbalzato dal carro e cadendo si lussò una spalla. Non fu possibile all’epoca risolvere in pieno l’infortunio mancando, ancora agli inizi del Novecento, i più appropriati mezzi di risoluzione per danni del genere e ne rimase da lì in avanti sempre danneggiato. Questo incidente però non lo fermò. Lui adorava il suo lavoro, aveva imparato ad occuparsi della concia delle olive e a prendersene cura dallo zio Gennaro, il quale s’era tanto impegnato a trasmettergli l’amore e la passione per un alimento antico e così pregiato. Alimento che tutt’oggi è sul tavolo di molti italiani».
Il libro di Michele Toscano offre anche un grande spaccato sulla economia del food di qualità che molti anastasiani si sono ritrovati a fare. Spesso commercianti di primo livello come nel caso del papà Gennaro che a sua volta aveva seguito il nonno. Dipana date, cifre, propone foto inedite di cui il libro è corredato come di seguito vedrete. E il racconto riparte con la stessa efficacia ad ogni pagina.
«Quando ero bambino – scrive – il mio papà mi raccontava spesso del nonno e delle sue avventure. Nonno Michele era abituato ad alzarsi molto presto al mattino, e di frequente attraversando la campagna nolano-sarnese, col suo carretto carico di olive si recava a Gragnano. Li, dopo un lungo e tortuoso viaggio su strade sterrate o malamente pavimentate con basoli, scambiava le sue preziosissime risorse con la rinomata pasta di quel paese. Questo scambio, che sembrava essere innocuo, permetteva ai commercianti della zona di conoscere il suo operato e nell’apprezzarlo anche di condividerlo con altri. In tal modo il mio abile nonno permise al suo commercio di olive di essere, potremmo dire, “sulla bocca di tutti”. Con il passare degli anni lo scambio e la vendita di olive da tavola aumento notevolmente e fruttò a mio nonno numerosi guadagni tant’e che, in un particolare episodio raccontatomi da papa e gli zii, il nonno accumulò in grosse casse di legno monete e banconote di qualunque taglio. Un’ingente somma di danaro, preziosa come un inestimabile tesoro, soprattutto per l’epoca piuttosto povera. Michele Toscano era riuscito a guadagnare una grande ricchezza, ottenuta senz’altro con intensa fatica e sudore. Un lavoro che non solo lo ripagava ma lo appassionava anche». Il racconto di Michele Toscano (nipote del nonno che racconta qui e autore di un libro che si fa leggere) prosegue nitido, avvincente. Ricostruendo fatti storici e di famiglia, avvenimenti, il boom economico, la ricostruzione del dopo guerra. Senza trionfalismo né fanatismi ma con grande umiltà, Michele Toscano è riuscito a riannodare i fili di una storia lunga che non era facile ritrovare. Lo ha fatto con semplicità ed efficace per un libro che resta un documento di ricostruzione importante che suggeriamo di leggere pur non trovandosi in commercio. Michele Toscano, siamo sicuri, sarà lieto di farne dono a coloro che lo chiederanno.