Sant’Anastasia, nomi, origini, quartieri ed altre curiosità
Ricostruzione storica ed ambientale del Nucleo di Protezione civile
Le origini di Sant’Anastasia sono molto antiche, l’area era abitata fin dalla più remota antichità come attestano alcuni reperti archeologici dell’età del bronzo antico, rinvenuti lungo la strada che da Sant’Anastasia porta a Pomigliano d’Arco. Altre tracce di epoca romana sono databili intorno al 90 a.C., periodo in cui tutta la zona venne amministrativamente compresa nei territori di Nola. Tutta l’area a nord del monte Somma fu divisa tra le più importanti famiglie romane del tempo, sorsero importanti ville rustiche, vere e proprie aziende agricole che provvedevano allo sfruttamento delle risorse produttive della zona. Le coltivazioni preminenti erano la vite, l’olivo, il grano.
I reperti che furono recuperati sul monte Somma fanno riferimento ad una villa rustica distrutta dall’eruzione del 79 d.C., ancora al I secolo d.C. appartiene la tomba monumentale scoperta in via Murillo di Trocchia (via Casamiranda). Dello stesso periodo è anche la statua funeraria con fattezze femminili riutilizzata in epoca medievale come materiale da costruzione ed attualmente conservata nel palazzo municipale. Al sesto secolo d.C. risale una piccola necropoli scoperta alcuni anni fa in località Starza. Rimasta pressochè indenne dalle eruzioni del Vesuvio, almeno fino a quella devastante del 1631, Sant’Anastasia potè svilupparsi come un piccolo borgo rurale abitato soprattutto da contadini. Come i vicini casali di Somma ed Ottaviano, il paese faceva parte del demanio regio, tuttavia fu più volte infeudato a favore di famiglie nobili ed istituzioni religiose.
Nel corso del ‘500, Sant’Anastasia fu feudo di don Ferrante di Cardona, contro il quale nel 1592 gli abitanti organizzarono una rivolta e per questo il casale fu ceduto al vicerè di Napoli, restando in ogni caso nell’area di influenza del più popoloso Casale di Somma (attuale Somma Vesuviana).
Verso la fine del ‘500 già erano delineati i principali assi stradali:
Li Terracciani (l’attuale Corso Umberto I), principale via d’accesso per coloro che provenivano da Somma;
– Casa Palmese (cioè l’attuale via Casamiranda) che conduceva verso Pollena Trocchia e Massa e confluiva nella strada “consolare” che arrivava fino a Portici; – via Capodivilla che arriva all’attuale Piazza Trivio;
– via Ponte che biforcando da via Sant’Eligio attraversava il borgo di Sant’Antonio per proseguire verso la Castelluccia, antica real riserva di caccia.
– Tre erano invece le zone rurali periferiche: Starza, Romani, Carafa.
Nel 1592 si iniziò la costruzione del Santuario della Madonna dell’Arco che ben presto divenne un attivo polo di sviluppo sociale e culturale, oltre che religioso, per l’intera area.
Dopo la devastante eruzione del 1631 Sant’Anastasia fu lentamente ricostruita e già nel 1663 si strutturava in quattro quartieri ancora oggi ben identificabili: Capodivilla, Casamiranda, Terracciani, Ponte.
Nel corso del ‘700 e ‘800 la struttura urbanistica di Sant’Anastasia si delinea nelle forme tuttora visibili: una conformazione stellare che a partire dai nuclei storici si espande lungo percorsi in direzione nord. La modernizzazione del paese subisce un’accellerata verso la fine dell’800 con l’inaugurazione della ferrovia Circumvesuviana, con l’illuminazione elettrica, con l’acquedotto di Serino. Nascono i primi impianti produttivi come, nel 1876, il mattatoio comunale che consentiva a più di 400 persone di vivere di tale attività già alla fine dell’800. Il territorio Sant’Anastasia (Santu Nastàs in napoletano) è un comune italiano con 28.870 abitanti (fonte Istat 2010) della provincia di Napoli in Campania. Il suo territorio ricade nel Parco Nazionale del Vesuvio nonché nella fascia dei cosiddetti comuni vesuviani.
Nonostante l’area comunale non sia di grandi dimensioni (poco meno di 19 kmq) il territorio è piuttosto vario e si presenta come una striscia di terra che parte dai 34 m sul livello del mare (frazione Guadagni) in direzione nord, per giungere fino i 1086 m s.l.m. (Cognoli di Sant’Anastasia) a sud.
Il centro del paese si sviluppa ai piedi del Monte Somma. Anticamente si snodava su tre quartieri – detti Ponte, Capodivilla e Casamiranda – che oggi coincidono almeno in parte con il centro antico del comune; successivamente fu realizzato il quartiere Trivio. Il quartiere Ponte (in napoletano N’copp o’Pont, cioè sopra il ponte) detto anche Borgo Sant’Antonio, costituisce il nucleo principale del centro storico. Ospita il convento di Sant’Antonio, la casa nativa e la cappellina del venerabile Francesco Maria Castelli, e numerosi palazzi storici.
- Capodivilla (Cap’lavilla) costituisce il primo insediamento di Sant’Anastasia; è un’arteria su cui si affacciano vicoli e cortili, poco distante da Somma Vesuviana, tra i vari palazzetti storici ce n’è uno che ospita al suo interno la piccola cappella dedicata alla Madonna del Carmelo.
- Casamiranda (detta un tempo Casapalmese), molto simile a Capodivilla si trova però sul lato opposto, vicino il comune di Pollena Trocchia. Nelle vicinanze in alcuni terreni privati sono stati ritrovati importanti resti, probabilmente corredi funerari.
- Il Trivio (O’Trivje) è il nucleo dell’abitato anastasiano; è sede del municipio, della pretura, dell’A.S.L. NA4 e della parrocchia principale (Santa Maria la Nova); attorno da esso si snoda buona parte dell’abitato nuovo del centro di Sant’Anastasia. È più recente rispetto agli altri quartieri storici dedito al commercio ed ai servizi.
Gli intinerari e i percorsi naturalistici
Il territorio a monte del Comune di Sant’Anastasia è, per buona parte, inserito all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio, ed offre degli scorci di grande bellezza ed interesse naturalistico. Particolarmente rara è la località Olivella. Si trova circa a 400 metri sul livello del mare, meta da sempre di escursionisti e molto nota anche al di fuori dell’ambito locale. Si presenta come un anfiteatro naturale in cima al quale si trova lo sbocco superiore della sorgente, e poco distante c’è lo sbocco inferiore, sormontata da un arco in pietra che faceva parte dell’acquedotto voluto all’epoca da Ferdinando di Borbone per far giungere le acque fino a Napoli. La natura permeabile di queste rocce è più unica che rara nel sistema Somma-Vesuvio. Di notevole interesse è anche la cresta sparti-acque a monte della sorgente che separa il vallone del Piano dal vallone del Sacramento. Tali valloni, frutto di profonde incisioni, hanno in alcuni casi rimosso gli strati piroclastici di copertura riportando alla luce le antiche colate laviche di quando il Monte Somma era un vulcano attivo monocipite. Per raggiungere le sorgenti è possibile seguire un percorso (che parte da Piazza Sodani e si inerpica lentamente sulle pendici del monte Somma) molto suggestivo poiché ospita delle stazioncine della Via Crucis.
Un altro percorso è invece il Sentiero Pennino, accessibile da via Capodivilla, il quale nel tratto iniziale serve da via d’accesso alle abitazioni della zona, per poi proseguire come strada sterrata all’interno del Parco. Nel percorso invece che porta alla Cappella di Sant’Angelo è obbligatorio il passaggio nel comune di Pollena Trocchia attraverso il Lagno di Trocchia risalendo il quale, dopo un lungo tragitto si rientra nel comune di Sant’Anastasia fino a giungere alla menzionata cappella (circa 440 metri sul livello mare). Parte del percorso rientra in un terreno privato per cui è indispensabile chiedere il permesso per poter passare. Il 3 maggio si tiene una suggestiva processione che risale il Monte Somma fino a Sant’Angelo. Il piazzale antistante la cappellina regala al turista una vista mozzafiato di un lato del Golfo di Napoli e della Pianura Campana. Nelle giornate molto terse si scorge addirittura la Reggia di Caserta.
Di difficile accesso, poste a più di 700 m s.l.m. vi sono le sorgenti Chiatanelle; data la difficoltà di collegamento sono sconosciute addirittura agli stessi abitanti anastasiani. Infine i “cognoli di Sant’Anastasia”, zona posta a 1086 metri sul livello del mare, è questo la parte più alta del comune e costituisce un piccolo lembo della cresta del Monte Somma.
Geomorfologia
Gli aspetti geo-morfo-litologici del territorio di Sant’Anastasia sono stati condizionati nel corso del tempo dalla presenza del sistema vulcanico Somma-Vesuvio. Sant’Anastasia ha una superficie di 18,76 kmq, con un’altitudine massima di 1.132 m s.l.m. e minima di 33 m.
L’iconografia storica rileva una duplice immagine di questo territorio, il vulcano distruttivo (il Vesuvio) e la montagna buona (il Somma, antica caldera generatrice del giovane Vesuvio, rimasta fertile e coltivata nei secoli). Un’attività agricola che si impossessa di una terra fertile e fragile, la modella con terrazzamenti, disegnando il paesaggio. Un versante, quello del Somma, disegnato dalle pendici boschive e poi agricole, incardinate sulla trama fitta delle incisioni idrografiche, che connettono la montagna con il mosaico di canali della piana. Il vulcano è costituito dal più antico edificio del Somma nel quale la formazione della caldera (avvenuta 17.000 o 4.000 anni da oggi, secondo i diversi autori) ha determinato il ribassamento del fianco meridionale, la migrazione verso Sud-Ovest delle successive manifestazioni e la formazione nel tempo, all’interno della caldera, del cono del Vesuvio. Dell’edificio del Somma è così rimasto affiorante il solo settore settentrionale mentre il resto, ribassato, è stato coperto dai prodotti vesuviani. L’attività del vulcano è iniziata circa 25.000 anni fa, come si evince anche dalla sovrapposizione, riscontrata in perforazioni realizzate sul fianco settentrionale, dei prodotti del Somma su piroclastici riferibili all’Ignimbrite Campana (età 37.000 anni). Fino a 17.000 anni fa l’attività è proseguita con fasi alterne effusive ed esplosive, per divenire, queste ultime, quasi prevalenti fino al 1631. Da tale anno all’ultima eruzione (1944), le manifestazioni eruttive, pur con alternanza di fasi, hanno assunto più spesso il carattere di flussi lavici. Attualmente il vulcano è in fase quiescente.
In estrema sintesi i materiali emessi dal vulcano possono riunirsi nelle seguenti unità (dalle più recenti):
– piroclastiti e scorie del cono vesuviano;
– colate laviche con interposizione di banchi di terreni piroclastici discontinui e di varia potenza;
– lave basali del Somma.
L’edificio vulcanico è caratterizzato soprattutto lungo i versanti settentrionali (Monte Somma) e sud-occidentali da un fitto reticolo idrografico attivo in concomitanza di eventi meteorici intensi.
Da evidenziare la presenza di conoidi detritico-alluvionale, la cui attività è fortemente ridotta dalla presenza di canali artificiali. Su tali conoidi si sviluppano i nuclei abitati di più antica formazione (borgo Sant’Antonio e Capodivilla).
Idrografia
Il reticolo idrografico è schematicamente rappresentato da:
– “lagni” disposti a raggiera (alvei vesuviani);
– valloni, generalmente incisi, che spesso non recapitano in un reticolo idrografico vero e proprio, ma sversano le acque nelle zone di contatto con le aree pianeggianti.
Gli alvei ricadenti nel territorio di Sant’Anastasia sono individuati fondamentalmente in tre tipologie:
– alvei naturali;
– alvei tombati;
– alvei strada.
E’ abbastanza frequente il verificarsi di alvei naturali che, arrivati in prossimità dei centri abitati, divengono delle vere e proprie strade con la caratteristica di essere la sola via di accesso a proprietà private, senza che si rilevi la presenza di opportune opere idrauliche atte ad allontanare la naturale portata convogliata a monte dall’alveo.
Altra tipologia di alveo che comunemente si è incontrata nel territorio de quo è l’alveo tombato. Infatti, è tutt’altro che raro il caso di corsi d’acqua che per alcuni tratti vengono ad essere incanalati in sezioni chiuse.
Il territorio di Sant’Anastasia è segnato da otto lagni vesuviani:
– Lagno Amendolare
– Lagno Pomentella
– Lagno Sorbo e Cupa dell’Olivella
– Lagno Sant’Elmo
– Lagno Spirito Santo Sinistro
– Spirito Santo
– Pollena Trocchia
Clima
Il clima è tipicamente mediterraneo e non si denotano, nella temperatura media annuale, significative differenze rispetto alla vicina Napoli; in inverno le vette del Monte Somma e del Vesuvio non di rado si colorano di bianco.
Infrastrutture e trasporti
Sant’Anastasia è attraversata con andamento Est-Ovest dalla strada statale n. 268 e dalla linea della Circumvesuviana (Napoli-Ottaviano-Poggiomarino-Sarno), dividendola in due parti di superficie equivalente. La zona a valle delle suddette linee è quella più pianeggiante e verso il confine con Pomigliano d’Arco è segnata da un tracciato a scorrimento veloce (SS 162dir) e la linea della TAV. L’autostrada più vicina è l’A16 a circa 4 km dal centro (casello di Pomigliano d’Arco), a circa 10 km c’è invece il casello di Palma Campania sull’autostrada A30, sempre ad una decina di km sull’A1 troviamo il casello di Napoli-Centro direzionale, infine sull’A3 ci si può servire dei caselli di San Giorgio a Cremano o di Ercolano.
Territorio a rischio
Nell’area compresa fra il Monte Somma-Vesuvio e il mare, vi è una quasi totale assenza di percezione collettiva del rischio. Probabilmente si è in presenza dell’area urbana più vulnerabile d’Italia quanto alla somma di vulnerabilità derivanti da fattori fisico-naturali, da disordinata strutturazione del territorio e da bassa quota di gestibilità complessiva di varie fenomenologie locali.
In sintesi è possibile individuare quattro tipologie di rischio naturale:
Rischio sismico, dato dai terremoti che possono generare danni a persone ed abitazioni. Rischio idraulico, dato dalle alluvioni provocate dalla piena di fiumi e torrenti, o per incapacità di scolo delle acque da parte del sistema dei canali di bonifica. Rischio geologico, dato dai movimenti franosi che interessano una parte significativa del territorio montano e collinare; la maggioranza degli eventi franosi che provocano danni e’ data da riattivazioni di fenomeni esistenti, e solo una minima parte è dovuta a frane di neoformazione.
Rischio vulcanico, dato dalle eruzioni che avvengono in determinate zone e non legato ad eventi eccezionali: infatti, molti vulcani, anche se inattivi da decine o centinaia di anni, possono riprendere la loro attività, come si è già verificato in diversi casi.