La lucrosa “impresa” dell’usura in Campania
di Ignazio Riccio |
La lettura di un fenomeno così complesso come quello dell’usura risulta estremamente difficile e costringe l’osservatore, innanzitutto, a partire dai fatti, dalle storie delle famiglie in difficoltà per arrivare all’analisi del contesto economico del territorio dove tale forma di criminalità organizzata si sviluppa.
L’Italia ha subito, nel corso degli ultimi decenni, una serie di crisi economiche che hanno inciso non solo sugli aspetti occupazionali e reddituali degli italiani, ma anche sui meccanismi di protezione sociale. Sono maggiori i costi per l’accesso ai servizi, più ricorrenti i processi di repentino impoverimento a causa della disoccupazione o sottoccupazione, con pesanti conseguenze per chi aveva assunto impegni creditizi precedenti. Questi scenari portano a:
1) Riduzione del reddito reale con conseguente difficoltà di stare al passo con i ritmi imposti dalla società consumistica;
2) Sovraindebitamento (come ammontare, come trend statistico e come ricorso a intermediari finanziari diversi da quelli bancari);
3) Aumento dell’incapacità di rimborso dei debiti contratti.
In seguito a questa situazione si è sviluppato a macchia d’olio il fenomeno dell’usura, che trova la sua culla nel Meridione d’Italia, in special modo in Campania. Anche se permane l’usura di quartiere (dove l’usuraio può essere il vicino di casa, il commerciante, l’impiegato, il pensionato benestante, insomma il cittadino comune) l’usura è diventata una nuova strategia operativa della criminalità organizzata, che la usa anche per il riciclaggio e per il forzato rilevamento di attività lecite carpite alle vittime. La categoria più esposta all’usura è quella dei piccoli imprenditori (titolari di bar, pizzerie, esercizi commerciali) che non riescono ad accedere alle normali linee di credito.
Non di rado all’usura può affiancarsi l’estorsione. Nella tipologia delineata dal Censis, l’usuraio “investitore” è quello che appartiene alla criminalità organizzata, dispone di ingenti capitali, opera in società insospettabili proponendosi di rilevare le imprese più deboli, in deficit o in situazione fallimentare, alzando sempre di più i tassi di interesse. Secondo la Fipe (Federazione italiana pubblici esercenti) con questo sistema la mafia si sarebbe impossessata, in Italia, di 23.500 attività commerciali, in prevalenza bar, latterie e ristoranti.
Localizzando geograficamente i fenomeni criminali che danno origine all’usura e al racket all’interno della regione Campania, è significativo il fatto che ci sia accordo non solo nel ritenere che tali sistemi non caratterizzino tutto il territorio campano, bensì alcune “aree calde” ben determinate, ma anche nell’individuazione delle stesse. Queste sono essenzialmente:
1) Il Basso casertano (Agro aversano), in particolare i Comuni di Casal di Principe, sede di clan camorristici radicati e tradizionalmente indipendenti dalla camorra napoletana, Mondragone, San Cipriano d’Aversa e Aversa;
2) Il Vesuviano interno, ovvero la fascia di territorio compresa tra Afragola e Nola, in particolare Ottaviano, Angri e San Giuseppe Vesuviano;
3) L’Agro Nocerino-Sarnese, in particolare Nocera Inferiore, Pagani, Sarno;
4) La Piana del Sele, in particolare Eboli e Battipaglia;
5) Napoli e alcuni Comuni limitrofi quali Castellammare di Stabia, Torre del Greco, Torre Annunziata, Secondigliano (con la significativa esclusione della penisola sorrentina e delle isole);
6) Aree marginali della provincia di Avellino, quali il Vallo di Lauro (Quindici), Valle Caudina e Montorese.
Queste sono le zone con i più elevati tassi di omicidi, dove hanno operato e operano i clan più forti. La localizzazione dell’attività camorrista viene commentata e spiegata dai sociologi in modo differenziato, ma con valutazioni che a ben vedere non sono mutuamente esclusive. Si imputa la presenza delle criminalità organizzata a specifiche tradizioni culturali delle zone interessate. Si fa anche riferimento alle condizioni economiche: la penisola sorrentina e le isole del Golfo di Napoli non sono zona di camorra perché hanno raggiunto rapidamente e abbastanza presto un relativo benessere. Lo stesso può dirsi, con qualche eccezione, per la provincia di Avellino, che ha conosciuto a partire dal 1980 un concreto sviluppo economico, grazie alla realizzazione di diverse aree industriali nel quadro degli interventi dopo-terremoto. È però anche vero che in passato le aree interne della Campania, ovvero le province di Avellino e Benevento, non sono state teatro di attività camorristiche proprio perché erano le più povere della Regione. La camorra nasce in zone relativamente più sviluppate nel secolo scorso (Basso casertano, Cintura vesuviana, Terra di Lavoro e Agro Nocerino-Sarnese) proprio a causa dei flussi commerciali derivanti da un’agricoltura fiorente.
Quanto alla situazione attuale della criminalità organizzata, la Campania nel suo complesso è una Regione ancora pesantemente colpita dal fenomeno malavitoso. Quest’ultimo, pur senza esserne la causa diretta, finisce per diventare uno dei fattori che inibiscono la crescita economica e sociale di una determinata area. Le organizzazioni mafiose condizionano con usura ed estorsione il percorso verso un’economia legale; scoraggiano gli investimenti produttivi da parte dei privati, contribuendo al mantenimento di un’immagine negativa a livello nazionale ed internazionale; determinano l’esportazione dei proventi delle attività illecite, tramite riciclaggio e investimenti in altre zone territoriali, drenando così capitali da aree che ne avrebbero bisogno; costituiscono un incentivo alla fuga di risorse umane qualificate; provocano un’allocazione non razionale delle risorse, sostituendo i propri interessi e le strategie di movimento dei capitali alle logiche di mercato.
Dalla ricerca effettuata dal sociologo romano Maurizio Fisco emergono tre grandi profili dell’usura: criminologico, economico sociale e finanziario. “È interessante osservare come si presenti – scrive Fiasco – l’asimmetria tra l’entità del reddito usuraio e l’entità del valore aggiunto della Provincia, qual è stimato ufficialmente dai dati istituzionali dei conti economici. Qui il quoziente di usura e il volume del reddito che esso determina ci aiuta anche a dimensionare l’economia sommersa della Provincia: quanto maggiore è il peso percentuale dell’usura sul valore aggiunto che eccede il dato medio nazionale, tanto maggiore è l’estensione delle attività non ufficiali che determinano il valore aggiunto. Sono compresi, ovviamente, i traffici criminali e in genere l’illegalità”.
Gli ultimi dati pubblicati dall’Università di Messina lasciano spazi di interpretazione molto limitati. Per ciò che concerne il racket, su 5 miliardi di euro annui di volume d’affari almeno 3 riguardano il Mezzogiorno. 1,1 si riferiscono alla Campania. Anche l’usura vede la Regione campana protagonista in negativo. Con 1,8 miliardi di euro annui incide quasi del 20% sul totale nazionale. La metastasi criminale, nonostante il lavoro delle forze dell’ordine, trova terreno fertile nel territorio campano. Solo una nuova assunzione di responsabilità da parte dei governi regionali, con politiche economiche mirate, può rilanciare un’area territoriale ormai in debito d’ossigeno.
2. Sos Impresa: “Lo strozzinaggio è un modello dilagante”
“La nostra associazione è stata la prima a costituirsi parte civile nei processi per usura e per estorsione, anche di stampo mafioso. Fino a questo momento sono in corso nove procedimenti giudiziari ed alcuni sono già andati a buon fine. Operiamo in Campania dal lontano 1997, tra mille difficoltà, ma il nostro esempio serve a far capire che la criminalità, se combattuta, può essere anche sconfitta”.
Amleto Frosi, presidente di Alilacco Sos Impresa Campania e responsabile della Casa della solidarietà, è impegnato da tempo nella lotta al racket e all’usura. Tra i maggiori successi dell’associazione l’assegnazione, ad Aversa, in provincia di Caserta, di un immobile confiscato alla camorra, diventato, da alcuni mesi, la sede regionale del sodalizio.
Presidente, i fenomeni criminali in Campania hanno caratteristiche diverse da quelli sviluppati nelle altre regioni del sud Italia?
In Campania l’usura ed il racket sono sviluppati in maniera omogenea in tutto il territorio regionale. Ciò non accade nelle altre Regioni del Mezzogiorno, dove ci sono picchi di criticità ma anche aree meno a rischio.
Ma in Campania non si parla di Benevento e di Avellino come isole felici?
Le isole felici non esistono più. Le istituzioni veicolano un’immagine di parte del territorio regionale, un’immagine in definitiva non veritiera. Conviene far passare il messaggio che in città come Benevento e Avellino la criminalità organizzata non ha attecchito, ma si tratta di semplice propaganda. L’usura e le estorsioni attecchiscono in queste zone come in quelle definite più calde, come Napoli e l’Agro aversano.
Qual è l’origine dei fenomeni dell’usura e del racket in Campania?
Le motivazioni sono tante e diverse. Innanzitutto la solida presenza delle bande criminali organizzate sul territorio, che operano indisturbate nonostante l’impegno delle forze dell’ordine. A questo si aggiunge il comportamento discutibile delle istituzioni che sono poco attente ai fenomeni criminosi. I finanziamenti pubblici, per esempio, come la legge 488 per le imprese, dovevano rappresentare degli incentivi per l’imprenditoria, invece sono serviti semplicemente a ripianare i debiti delle aziende a discapito dei lavoratori. Le banche, da parte loro, con la mancanza di flessibilità nell’accesso ai crediti contribuiscono ad affossare le realtà imprenditoriali in crisi e ciò rafforza la criminalità organizzata, che acquista strumenti di ricatto degli imprenditori. Infine il sistema giudiziario non tutela a dovere i cittadini italiani onesti.
Che cosa intende dire?
Faccio un esempio per tutti. I privilegi di un collaboratore di giustizia, in termini di sicurezza e di assistenza, sono di gran lunga superiori a quelli di un testimone di giustizia. Ciò è paradossale. È capitato ad alcuni imprenditori che hanno denunciato i propri estorsori di aver subito minacce dirette e palesi, nonostante fossero in regime di protezione. In questo modo le persone si scoraggiano e perdono la fiducia nei confronti dello Stato. Noi proviamo a dare nuova linfa alla lotta contro i fenomeni criminali, anche se alcuni gruppi lobbistici tentano in ogni modo di ostacolare il nostro percorso verso la legalità.