Arresti a Sant’Anastasia, ecco perché il sindaco Abete deve dimettersi
di francesco de rosa
Gli arresti di venerdì 6 dicembre 2019, a soli sei mesi dalle elezioni delle scorso maggio, sono stati quel terremoto politico che i cittadini anastasiani non potevano e volevano aspettarsi. Arresti che, questa volta, nessuno poteva prevedere a differenza degli arresti che, nel dicembre 2013, fermarono il cammino dell’ex sindaco Esposito, arrestato, anche lui, assieme al funzionario comunale Luigi Terracciano, per tangenti, pescato, l’ex sindaco, con quindicimila euro in auto e già condannato in primo grado. Lello Abete, a differenza dello zio, aveva incarnato l’immagine di una persona per nulla arrogante, deciso a rendere la politica un luogo meno impervio, impegnato a svelenire un clima che lo zio, quando è stato sindaco, aveva creato ad arte. Si erano contrapposte due visioni/fazioni e i cittadini anastasiani avevano deciso che tra i due venisse eletto Abete dacché mai arrestato e mai condannato per tangenti come lo zio da cui aveva preso le distanze per non essere il suo “burattino”. E a decidere quel voto, lo scorso maggio, non erano stati soltanto quelli della sua fazione, i suoi partiti, le liste che aveva messo in piedi ma anche, e soprattutto, gli anastasiani liberi che non hanno mai “campato” con la politica né mai ad essa hanno chiesto qualcosa. Abete, anche per la debolezza politica degli altri competitors era sembrato quello più meritevole di fiducia dopo le “distanze” prese dallo zio.
Ad arresti avvenuti, le 142 pagine della “Ordinanza di Applicazione di misura cautelare” consegnata agli arrestati venerdì mattina prima di portali a Poggioreale (come nella “Ordinanza” dell’allora sindaco Esposito della quale fui l’unico a renderne pubblici i contenuti qui ed altrove) dicono molto anche se in nessuna delle 142 pagine potremo trovare quella intercettazione, ambientale o telefonica, inequivocabile nella quale il sindaco Lello Abete dica al suo consigliere Pasquale Iorio, al segretario comunale Egizio Lombardi o ad altri di “dividersi quei 30, 40 o 50 mila euro“.
Qualcuno, per cui Abete è stato sempre un avversario, direbbe che oggi un sindaco che ruba, come nel 2013, ha imparato ad usare tutte le cautele quando aspetta tangenti e non parla mai al telefono o da vicino con i suoi interlocutori in maniera chiara. Altri, convinti della sua innocenza, diranno che Abete non c’entra nulla e che il consigliere Iorio, che a febbraio scorso era nello staff di Abete, ha parlato a titolo personale o per intesa realizzata solo con gli altri due arrestati (il segretario comunale Lombardi e l’imprenditore salernitano Alessandro Montuori che era stato chiamato a gestire le modalità di svolgimento dei concorsi). Sta di fatto che nelle 142 pagine Pasquale Iorio parla ampiamente (con risvolti grotteschi se non si trattasse di una vicenda così grave) a colei che è stata la prima vittima e che ha deciso poi di denunciare tutto alla Guardia di Finanza di Nola nel febbraio del 2019. Iorio parla di soldi, tangenti e della opportunità di contare i primi diecimila euro nel parcheggio delle Aquile o di portarli già contati all’appuntamento. Già, siamo nuovamente alle Aquile, come nel 2013, e di dicembre. Due cose che, per uno strano caso, tornano identiche.
A Pasquale Iorio la signora, stimata professionista, comunica, come si prospetterebbe dall’Ordinanza, il nome del nipote acquisito e candidato a vincere uno dei cinque concorsi. Un tale Gianluigi, che Iorio stesso gli scambierà il nome per un cognome. I due, anche dopo che lei sarà andata a denunciare tutto presso la Guardia di Finanza, si incontrato, con lei “microfonata”, in diversi luoghi ed occasioni nel corso delle quali a Pasquale Iorio si chiedono particolari sul sistema organizzato per i concorsi, sul ruolo del segretario comunale e sulle sue origini, sulla categoria del concorso, su come si sarebbero spartiti la somma e su quanto danaro bisognava dare. Lei chiede anche se “… ci sta qualche novità. Nel senso se sono scesi col prezzo”. Lui dice che sono scesi con il prezzo. Ed è qui che parlano di trentamila euro e della categoria dei concorsi. La signora chiede se quei soldi “li prende tutti quanti il segretario comunale lasciando Lello Abete senza niente”. E lui, Iorio, scende nei dettagli, fornisce ogni spiegazione, entra in un clima di confidenza, le dice che i soldi “passano per le mani del segretario Lombardi ma che qualcosa dovrebbe starci anche per lui e per Lello che ha nominato, nell’atto d’indirizzo, il segretario Lombardi Presidente di Commissione. Iorio spiega un meccanismo, parla di altri comuni vicini dove è stato già fatto. Una mole di materiale probatorio offerto a piene mani che nel 2013, dove emerge anche un atteggiamento sprovveduto del consigliere di maggioranza. Una differenza con l’Ordinanza del 2013 dove invece mancarono le domande e quindi le risposte solo per la scaltrezza dei due protagonisti coinvolti (l’ex sindaco Esposito soprattutto e Luigi Terracciano) e per lo smarrimento evidente di Nicola Alfano a cui, in quel caso, le tangenti furono chieste che non arrivò mai ad ipotizzare e quindi a chiedere ai due funzionari pubblici se non vi fosse stato un accordo tra di loro per ottenere tangenti. I due, in quella Ordinanza, agirono separatamente per lo stesso obiettivo.
Questa volta, l’Ordinanza, che renderemo pubblica qui integralmente quando saremo sicuri che non potrà far danno alle indagini e al lavoro della Magistratura, contiene molto altro materiale e più pagine che tuttavia lasciano alcune domande cruciali senza una risposta che possa essere chiara ed inequivocabile. Chi ha organizzato il sistema delle tangenti per i concorsi al Comune di Sant’Anastasia tra quelli arrestati? Che ruolo ha effettivamente avuto Lello Abete che poteva, di certo, indirizzare tutto il capitolo dei concorsi al Comune di Sant’Anastasia in un’altra direzione di trasparenza e di limpidezza assolute visti i trascorsi vissuti con lo zio da cui veniva ed il periodo buio che Sant’Anastasia aveva vissuto? E, ancora, come si fa a mandare all’aria una fiducia avuta a piene mani solo sei mesi fa da partiti, associazioni, persone perbene e sopra ogni sospetto per “spartirsi” quei 50 o 30 mila euro in quattro ottenuti dai concorsi truccati che, per ammissione dello stesso Iorio, non potevano essere più di due o tre su cinque per non destare sospetto? E come ha potuto uno come Pasquale Iorio, classe 1992, che di certo non aveva né esperienza né autorevolezza, entrato nello staff di Lello Abete e poi candidato ed eletto lo scorso maggio a consigliere comunale, aver deciso di guidare tutto da solo ed in barba al “suo” sindaco un meccanismo così spudorato? Il processo che si farà (di certo non sui social né qui né sui giornali dove si leggono già molti articoli di parte scritti ad arte per portare vendetta a chi aspettava vendetta) dovrebbe sciogliere tutti questi nodi. Intanto, gli arresti di venerdì sei dicembre e questa triste storia di tangenti stanno ridando umore, fiato e spazio a tangentisti vecchi e nuovi. A cialtroni, mediocri, settari, affaristi, santoni e guru. A chi della politica locale, a Sant’Anastasia, ne ha fatto un mestiere, una vanità, un palco, un vantaggio, un prestigio sociale, un modo per avere incarichi e tenere mani in pasta. Sono usciti dai loro angoli tanti cialtroni che erano stati messi all’angolo dal voto popolare che nella sua gran parte, tranne quei pochi interessati che dalla politica hanno favori e soldi votando chi gli ha dato o gli da soldi e favori, era stato libero e chiaro.
Se in carcere, nel corso di queste notti, qualcuno di loro, che al carcere non è abituato, si possa pentire e aggiungere nuovi dettagli alla vicenda non si può prevedere. Se il Tribunale del Riesame, rileggendo le carte, deciderà di scarcerare nei prossimi giorni Lello Abete tanto da dargli la possibilità di riprendere la guida del paese in attesa del processo poco importa. Molto di più importa, questa volta, che l’attuale sindaco Abete, ora in carcere come nel 2013 lo zio da cui voleva essere diverso, faccia qualcosa di diverso ancora prima del processo. Un’altra storia simile a quella dell’ex sindaco Esposito che dell’attivismo ha fatto la sua bandiera (e la farà ora che si sente riabilitato) nonostante un arresto, un processo ed una condanna, gli anastasiani non se la meritano. Si esca da un incubo e da una lunghissima stagione dove alla illegalità si doveva rispondere con atti chiari e limpidi di legalità. Lello Abete sappia fare diversamente come accade in tanti altri posti d’Europa quando un sindaco per un solo sospetto o perché beccato a passare con il rosso ad un semaforo decide per il bene del paese di dare le proprie dimissioni. Qui, come nel 2013, siamo ben oltre il passaggio ad un semaforo rosso o al timido sospetto.
Che sia colpevole o, ancora di più, innocente, il modo migliore per tutelare, questa volta, il paese dal buio e da una torbida stagione politica sarà quello di dare le dimissioni. Per potersi difendere, senza far danno al paese, nelle sedi giuste ed in libertà quando avrà inizio il processo. Per essere diverso da uno zio, come diceva di essere, che non si è mai fatto da parte nel rispetto del paese come gli era stato suggerito da più parti. Per chiedere “scusa” sempre e comunque ad una città che ha creduto nella sua trasparenza assoluta e che ora si ritrova a vivere un’altra notte buia, come nel 2013, dove tra il bene e il male non c’è più differenza. Dove della politica, che è marcia dalle sua fondamenta, non si abbia un’idea peggiore di quella che abbiamo avuto ed abbiamo.