La partita difficile del sindaco neo rieletto
Dopo la soddisfazione, la gioia per il risultato elettorale schiacciante, dopo aver evitato, a furor di voti e di consensi, un ballottaggio che poteva diventare insidioso, il sindaco rieletto Lello Abete è chiamato, in queste ore, come nel più classico percorso della politica, ad una delle partite più difficili d’avvio consiliatura. E ciò che è stata la sua forza, tanto da farlo vincere al primo turno, con uno schieramento ampio e trasversale, potrebbe trasformarsi, ora, nella sua più grossa insidia dovendo egli conciliare tutte le legittime (ma spesso alternative) visioni di governo con gli equilibri nuovi da mettere in ordine, la forza dei voti (delle liste e dei nuovi consiglieri) da considerare, il peso delle “anime” (ben più di sette) della sua coalizione che vorranno, come è giusto che sia, una propria “visibilità”. Una partita che è già iniziata e che avrà un momento cruciale nella nomina della nuova giunta da cui il paese aspetta si faccia presto e bene sin dalle prime battute. Intanto…
Analisi di un voto cittadino
Il passaggio al primo turno del sindaco uscente Lello Abete non era scontato ma si poteva prevedere. Gli anastasiani non si sono fidati di Esposito, arrestato per tangenti nel 2013 mentre era sindaco e condannato in primo grado nel 2017 con “all’attivo” intercettazioni che solo se i suoi sostenitori le avessero realmente lette si sarebbero quantomeno imbarazzati. Un “contesto”, il suo, che a leggerlo dava, sin dall’inizio della campagna elettorale, un quadro inequivocabile e fosco. Eppure non sono valsi a nulla i suggerimenti a lui, più volte, fatti arrivare di non candidarsi nel rispetto di tutti gli anastasiani e, probabilmente, anche di se stesso. La sua, era diventata un’ossessione, una sfida personale preparata prima ancora che il processo iniziasse e si arrivasse alla sentenza di primo grado. Iniziata, di fatto, subito dopo la rottura con il nipote sindaco (che sin dal 2014, nelle sue intenzioni, doveva fare solo il prestanome) e combattuta a suon di insulti in questi anni verso tutti quelli che ha considerato i suoi nemici. Riservando a loro, come accade ancora, le stesse parole che farebbe bene a riversare su se stesso. Sostituendo, magari, anche quel finto vittimismo, che pure continua e continuerà a mostrare, con un semplice atto di autocritica vera che non c’è mai stato in questi anni. Al contrario, un cumulo di bugie fatte passare per verità sono state propinate nel corso dei suoi comizi elettorali sin dall’apertura delle campagna elettorale all’hotel dei Baroni. Comizi che abbiamo sbobinato dai video diffusi in rete e dai quali chiunque può capire quali e quante bugie sono state spacciate per verità.
Anche per questo, gli anastasiani, questa volta, come avevamo scritto sin dal 10 marzo in questo articolo, anche grazie all’azione di un’informazione libera e non accondiscendente o da salotto, non ci sono cascati. Non hanno voluto rimettere a fare il sindaco uno con lo “stile” e le vicende di Esposito, in una città che non ha bisogno né di personalismi accecanti né di vicende giudiziarie spiacevoli e gravi né di insulti ed improperi ma solo di un reale buon governo e di passi avanti da fare in fretta. Era questa, in fondo, la vera sfida e la più attesa delle elezioni amministrative anastasiane del 26 maggio scorso. Con Esposito sono stati sconfitti anche tutti coloro (un gruppo eterogeneo e vario per età, mestieri, condizioni e capacità mentali) che si erano messi dietro, accanto, vicino a lui a (ri)aspettare una vetrina, a meditare vendette, ad insultare sui social, a spargere veleni o offendere, miseramente, gli altri: un totale e libero spargimento di odio mischiato a livori personali da riversare sui nemici più variegati. Hanno perso anche loro, per fortuna, assieme ad un candidato impresentabile sin dal principio di questa campagna elettorale. Con il danno che, assieme a loro, nello stesso schieramento, c’era anche qualcuno (giovane e meno giovane) che avrebbe meritato un diverso contesto ed una maggiore attenzione per le buone capacità e pratiche che poteva mettere al servizio della politica locale.
Gli altri due candidati, Coccia e Gifuni, purtroppo, sono rimasti indietro raccogliendo meno voti di Esposito ed era quello che, sin dall’inizio, avremmo voluto evitare. Al candidato del PD, Coccia, si può, senza dubbio, rimproverare di non aver voluto comprendere quanto la sua candidatura poteva spaccare un partito già segnato, da tempo, da divisioni interne. In realtà Coccia aveva assecondato, già da consigliere, nei cinque anni trascorsi, quella voglia forte e possente, che di certo non era e non è solo sua, a sentirsi leader, a stare sopra e davanti agli altri, ad accreditarsi meriti spesso irrisori, a cercare vetrine, a preparare una sua candidatura a sindaco, a sentirsi più capace e bravo di tanti altri anche quando i segnali intorno dicevano e dicono che è più saggio sentirsi e stare in un gruppo fatto di pari. Uno stile, il suo, anche caratteriale che non ha premiato nemmeno il suo comitato elettorale a cui, invece, si può rimproverare, con i risultati alla mano, questa volta, di aver sbagliato totalmente campagna elettorale: nei temi, nei tempi, negli obiettivi. Dopo la sconfitta son volate, come di prassi e da subito, parole di fierezza, d’orgoglio e di circostanza invece che di autocritica com’era ed è più saggio. Il risultato più immediato della sconfitta di quella parte della sinistra locale è che il PD anastasiano sarà commissariato per ricucire lo strappo profondo post elettorale avendo (coloro che hanno sostenuto Coccia) chiesto l’espulsione dei loro compagni di partito che si sono, invece, schierati apertamente per la coalizione di Lello Abete non avendo condiviso la candidatura di Coccia. Solo così e fino ad un nuovo congresso cittadino il PD, con il suo minimo storico di voti raccolti in una competizione elettorale cittadina, potrà tentare di cambiare pelle ed eliminare tutti i peggiori difetti che ha avuto ed ha ancora oggi se vuole diventare una forza politica aperta ed attiva sul territorio in grado di essere davvero e costantemente inclusiva anziché settaria, autoferenziale e chiusa alla comunità, come da anni lo è stata e lo è, se si escludono le settimane prima del voto quando occorre riempire le liste e si cercano candidati consiglieri ovunque.
Il candidato Gifuni, invece, che pure come obiettivo unico ha avuto il sindaco uscente oggi rieletto, è arrivato ultimo ma ha vinto una scommessa più difficile. Partiva da zero con un raggruppamento del tutto nuovo in nome di parole e di bandiere (Salvini e company) non certo popolari a Sant’Anastasia. Eppure, ha voluto presentarsi con le sue due liste, composte, in gran parte, da persone che la politica locale farebbe bene a non perdere se non saranno loro stessi ad allontanarsi. I voti andati a Gifuni sono stati certamente voti di peso nella sfida tra Abete ed Esposito. A Gifuni, inoltre, va il merito di non avere accettato, in pre/campagna elettorale, sodalizi audaci, pure a lui proposti, affinché andasse a rinfoltire le liste di Esposito rinunciando a candidarsi a sindaco. Avremmo avuto, in quel caso, solo tre candidati a sindaco (Abete, Coccia ed Esposito) e le elezioni avrebbero preso un’altra piega. Al contrario, il comitato elettorale di Gifuni ha fatto della questione morale una questione cruciale che, confidiamo, possa portare avanti senza, per questo, cedere ad allarmismi facili ma infondati su scandali e rivelazioni creati per raccogliere attenzioni che nemmeno in campagna elettorale, dove tutti son più disposti a sentire tutto ed il contrario di tutto, hanno dato risultato.
Ora è iniziata la partita difficile del sindaco rieletto
Dei meriti di Lello Abete, sindaco rieletto al primo turno, gli anastasiani si sono accorti soprattutto in questa recente campagna elettorale. La sua capacità caratteriale di aggregazione, che per alcuni – vocati da sempre al male – è stata vista solo come capacità a fare una grande accozzaglia pur di essere rieletto, per altri (la maggioranza) è stata ed è semplicemente una dote caratteriale. Saper mettere insieme quante più persone possibili, fare in modo che ciascuno si senta protagonista in un gruppo, parte di una squadra che vuole migliorare un paese non è una capacità che hanno tutti. Anzi. Gli anastasiani tendono, per natura ad essere esclusivi e settari. La sua porta, nel corso dei cinque anni, passati in gran parte a “parare” i colpi bassi ed insidiosi del “già sindaco”, è stata sempre aperta. Il suo “laboratorio politico” è nato lì. Un grande merito se si pensa che a Sant’Anastasia vincono, spesso, quelli che dividono, che si sentono esclusivi, che si mettono sopra gli altri. Il paese, con Lello Abete, ha percepito che un cittadino del tutto normale, con doti non certo sopra la media, senza quella spocchia di sentirsi il “primo della classe” che si vede in molti altri politici locali e senza piedistalli né salotti bene da cui agiscono tanti anastasiani, potesse rappresentare tutti il più possibile. Il voto lo ha premiato anche, nella sfida diretta e delicata, per aver tagliato, sin dal 2015, pubblicamente e concretamente, tutti i legami e quel “cordone familistico” che aveva sia con lo zio “già sindaco” che con le sue vicende assai poco liete. Un taglio di stile e, persino, di carattere se si pensa al clima nel quale Esposito aveva fatto cadere il paese quando fu sindaco. Abete è andato in direzione ostinata e contraria e il voto lo ha premiato soprattutto per questo.
Ora, però, la partita che si è aperta, subito dopo i festeggiamenti di rito, proprio perché lo schieramento che lo ha sostenuto era ed è ampio, risulta essere tra le più difficili che lui è chiamato ad affrontare. Gli sarà preziosa l’esperienza di questi anni per uno che, come Lello Abete, non sfoggia il polso fermo o un carattere dominante. In queste ore da più parti, e con ottimi argomenti, tutte le anime, come previste già settimane fa, della sua coalizione, anche più delle sette liste che lo hanno sostenuto, si stanno facendo avanti per entrare nella compagine governativa locale ed avere un ruolo da protagonisti.
Si tratta di un “passaggio” che la politica conosce bene. Tuttavia se un appello si può fare a tutte le anime che hanno consentito l’elezione, al primo turno, di Lello Abete è quello di mettere al centro, soprattutto ad avvio di consiliatura, non tanto le proprie legittime visioni e visibilità ma il bene del paese. Un paese che, questa volta, non potrà più giustificare i ritardi, che pure ci sono stati, degli ultimi cinque anni, le distrazioni, una normale amministrazione che si fa spesso passare, da ogni amministrazione in carica, per un fatto straordinario.
Occorre ridare decoro a tante parti della città, capire, per esempio, da dove provengono le insidie ambientali (rifiuti ingombranti lasciati in giro dai peggiori cittadini, l’aria fetida di qualcosa che brucia spesso di sera e la notte, l’amianto che ancora è presente e spesso abbandonato in giro) e come arginare il degrado di certe zone del paese e della montagna che ci appartiene e che può diventare volano per il prossimo futuro. Occorre mettere in campo progetti strutturali in grado di portare a Sant’Anastasia nuovi sviluppi, interessi positivi e vantaggiosi per tutti, stimoli veri per i giovani che restano. Saper aprirsi a nuovi scenari in grado di stimolare buone pratiche, le famiglie, i quartieri, l’economia e l’assetto della città presente e futura.
Le forze della coalizione, con tutte le anime di cui si compone, quelle che hanno sostenuto Lello Abete e hanno vinto le elezioni al primo turno contro molte bugie e populismi, devono imparare, fin da subito, a governare assieme consapevoli che un avvio incerto, una lotta per contare di più tra di loro, vorrebbe dire ridare “fiato” a chi ha perso e oggi muore d’invidia se non è protagonista, ai disfattisti, ai peggiori anastasiani che non accettano e non accetteranno il risultato del voto del 26 maggio fino a quando non rovesciano la maggioranza. Un cattivo inizio vorrebbe dire dare ancora luce ai disfattisti, a quelli che criticano sempre, a quelli che non conoscono le regole minime della democrazia, ai malati di protagonismo da sempre e per sempre. Il paese contro questi ha fatto la sua parte.
Ora spetta a chi ha vinto. Lello Abete, il sindaco che puoi chiamare per nome, dovrà, questa volta, mostrare nuove capacità di mediazione per tenere assieme e assieme far lavorare tutte le anime della sua coalizione. Dovrà mostrare fermezza verso chi sarà tentato o è già tentato a fare la voce grossa, ad avere di più e meglio. Dovrà essere di carattere fermo e di vista lunga, ben sapendo che dovrà vivere da sindaco, per cinque anni, con i voti del Consiglio comunale, che presto si riunirà e nel quale ogni suo consigliere dovrà essere un punto fermo, una sicurezza, una solidità. Senza per questo sottostare alle pressioni che arrivano già dal giorno dopo la vittoria del primo turno. Egli, ora, ha il dovere ed il diritto di dare un governo a Sant’Anastasia capace ed efficace e di darlo anche grazie alle anime diverse della sua coalizione. Un governo cittadino che non dovrà fare solo proclami né vivere di like, di foto postate davanti ad ogni piccolo cantiere. Occorre fare presto con passi concreti, decisi e tali da migliorare ogni ambito della città e, persino, ogni cittadino se si avviano azioni virtuose. Un sindaco rieletto che ha, dalla sua parte, l’entusiasmo che hanno mostrato tanti cittadini attorno a lui e alla sua larga coalizione, al suo modo garbato, alla sua umiltà, alla sua coraggiosa azione contro chi lo avrebbe voluto solo burattino. Una coalizione che, ci auguriamo, essendo così larga, e quindi ricca, possa fare di questo solo un vantaggio e mai un limite trasformando così quella rivalità naturale che ci può essere tra compagni di viaggio in una virtuosa corsa a fare meglio e di più assieme per sana e proficua competizione.
Partire bene e presto porterà solo giovamento. Non chiudersi nelle stanze dove la gestione del bene comune si decide, si programma, accelera o decelera sarà un altro passo avanti rispetto al passato e a ciò che sempre si ricorda della politica locale. Questa volta, molto meglio che in campagna elettorale, l’essere inclusivi consentirà anche di ottenere nuove energie per una politica che non deve farsi più clientela, favore ma dibattito, crescita personale e collettiva. Solo in questi casi, con il buon governo e con il coinvolgimento di sempre più persone potremo dire che queste elezioni, nell’anno 2019, hanno portato un reale vento di cambiamento così come ogni buon paese merita di vivere.