Vi racconto perché questa volta non possiamo fare a Sant’Anastasia il confronto tra i candidati a sindaco
di francesco de rosa
Lunedì 20 maggio 2019, è mattina inoltrata, il giorno prima del confronto previsto. Pochi giorni prima del voto. Torno appena da un incontro a cui sono stato convocato presso gli Uffici del Comune di Sant’Anastasia in presenza del segretario comunale, dell’avvocato Paola Maione preposta al coordinamento organizzativo di eventi su strutture pubbliche date in gestione (come lo stadio De Cicco) e del sindaco in carica che è responsabile della sicurezza dei cittadini. Il confronto tra i candidati a sindaco non si potrà fare. Eccone i motivi con le domande che avrei voluto fare ai candidati.
Il confronto tra i candidati a sindaco non si poteva fare al Metropolitan (come, invece, mi avevano chiesto di fare alcuni e come è accaduto dal 1995) per evidenti ragioni di sicurezza nella tutela della pubblica incolumità dei miei concittadini e per quello che accadde cinque anni fa di cui in molti fanno finta di non ricordare più. Ma non si potrà fare nemmeno allo Stadio, luogo suggeritomi sabato sera 18 maggio al termine di una riunione lunghissima avuta con i rappresentanti dei candidati a sindaco. Lo stadio venne in mente, a riunione terminata, appena due giorni fa, al segretario del PD Lello Mollo che mi telefonò e mi propose l’idea. La ritenni valida da subito e così comunicai agli altri (tutti in trepidazione e pronti a fare un confronto) del cambio di luogo dopo aver avuta la immediata disponibilità da Peppe Di Marzo presidente dell’Associazione che ha avuto in gestione e fatto rinascere lo stadio De Cicco. Era quello l’unico luogo cittadino con spazi e struttura adatti a fronteggiare ogni tipo di insidia facendo stare comodamente sedute di fronte ad un palco messo in mezzo al campo fino a 2.500 persone. Avevo immaginato che un confronto di tal genere fatto allo stadio poteva essere “catalogato” al pari o quasi di una partita di calcio o di altro sport (per le quali lo stadio De Cicco ha già tutte le autorizzazioni e la carte che occorrono) e quindi lontani dal rischio di far catalogare quel confronto sotto la voce “evento pubblico”, come fosse il concerto di Albano che si fece lì e del quale mi sono occupato o quello di D’Alessio per i quali occorse, come in questi casi, il lavoro di una Commissione di sicurezza che si riunisce su convocazione di almeno 48 ore prima per poter verificare ogni cosa, fare sopralluogo ed avere tutte le certificazione che occorrono in questi casi. Persino quella dei Vigili del Fuoco come chiede il regolamento e come molti sanno. Ecco l’epilogo del confronto per il quale ho agito fino all’ultimo affinché potessi farsi (non certo per gloria personale, interesse politico o altro). Il confronto, questa volta, non si potrà farà poiché non ci cono più i tempi delle autorizzazioni necessarie per tenere allo stadio un evento pubblico come confermano sia al Comune che i Carabinieri con una nota scritta.
Intanto, non c’è nessun momento più propizio di una campagna elettorale nel quale le assurdità di ogni accecante faziosità, della bugia, degli interessi di parte o della vanità non tentino di sconfiggere la bellezza che c’è nei ragionamenti pazienti, pacati ed imparziali della buona politica e della civiltà del confronto. Quei ragionamenti con i quali una comunità civile può affrontare e parlare di tutto e lo può fare persino mettendo assieme, in uno stesso luogo, partiti, proposte politiche, movimenti di pensiero, persone e tesi differenti. Ero (e sono) così convinto di questo che a vent’anni volevo trovare un luogo dove la gente, diversa per convinzioni, percorsi, appartenenze, fosse capace di mettersi assieme per ragionare e progettare spazi, mentali e fisici, dove saper stare e vivere assieme. Sette anni dopo quei miei vent’anni, era il 1995, quel luogo lo trovai davvero. Era e ora (momentaneamente) non è nel paese dei miei natali quando misi assieme i candidati a sindaco di allora e li invitai ad un confronto pubblico nel teatro cittadino. Così è accaduto per sei volte da allora e cioè tutte le volte che la mia comunità di nascita è andata a votare il suo primo cittadino. Questa volta, ahimè, non potrà essere possibile e, se avrete la pazienza di seguirmi, vi spiego in dettaglio perché.
La mia idea di confronto tra i candidati
Il confronto politico che da ventiquattro anni ho sempre voluto realizzare a Sant’Anastasia, come accade in molte altre comunità cittadine, non è mai stato solo una vetrina dove i candidati, davanti ad una platea unica nel suo genere poiché mette assieme, in platea e sul palco, i sostenitori di tutti gli schieramenti (e anche coloro – fuori schieramento – che vorrebbero farsi un’idea più precisa prima di votare) non devono ripetere soltanto ciò che già ripetono in campagna elettorale durante i loro numerosi comizi (o incontri come oggi amiamo dire) attorno ai progetti che hanno, a ciò che vogliono realizzare ovemai eletti. Nei programmi ho letto sempre le cose più belle e quasi tutti hanno lo stesso pregio: fanno sognare. Sono scritti sempre per far viaggiare il sogno e l’immaginazione essendo essi un requisito della politica. Tuttavia, dietro quei programmi ci sono i limiti delle persone che li presentano e la distanza che divide i sogni ed i proponimenti dalla realtà nuda e cruda. Sono i sogni, i proponimenti, i percorsi ed i limiti dei candidati a sindaco che cercano un voto e che dovrebbero avere, essendosi candidati o ricandidati a sindaco, le migliori virtù come vuole ed esige la bella politica. Loro, almeno, dovrebbero essere pazienti, saper ascoltare, essere liberi nel cuore e nella mente, esser capaci di evocare le cose più belle. Dovrebbero aver testimoniato lungo il loro percorso e nella loro vita l’equilibrio, la temperanza, la saggezza, l’umiltà, la legalità, la competenza, la disponibilità, la giustizia, la capacità di avere un lavoro che non sia legato alla politica e non dipenda da esso. Lo so, sto chiedendo troppo. Ma le mie richieste sono le richieste di molte persone e sono le uniche cose per le quali, oltre le fazioni, le cretinate e gli insulti che si leggono sui social, le parentele, gli amici cari che si sono candidati uno decide di votare, per il bene del paese (e non solo per il proprio bene personale) un candidato piuttosto che un altro.
Un discorso che, chiaramente, non vale per chi sta spargendo, da sempre e in queste settimane ancora di più, veleno sui social, gestendo pagine pubbliche o account che crede siano testate di giornali nazionali, insultando, remando contro di me e contro altri, mettendo in pericolo persino l’incolumità delle persone, diffondendo disinformazione, inciuci, il pettegolezzo come se fosse una notizia straordinaria, decidendo di stare a favore o contro qualcuno a seconda dei favori, della considerazione o dei contributi (spesso anche solo 300 euro) che ha chiesto e non ottenuto. Né vale, il discorso della equidistanza e di una scelta consapevole rispetto a chi votare, per chi starà bene e non farà più nessuna guerra solo se l’associazione concorrente o il professionista o la dirigente scolastica nemica, che ha preso il suo posto, sarà distrutta ed eliminata per mano di un sindaco amico. Costoro e molti altri sono animati dall’odio e dall’invidia e vedono odio, invidia ed altro negli altri che ergono a propri nemici. Quanto mi piacerebbe ricordare a tali concittadini o conoscenti qualche lezione a me venuta dalla filosofia e dalla vita, il passo, per esempio, di un filosofo parigino che invita a trovare il peggior nemico lì dove il peggior nemico abita davvero: in noi stessi! Sono costoro che stanno avvelenando da almeno un decennio il clima politico di ogni campagna elettorale a Sant’Anastasia. Essi godono quando possono sabotare tutti coloro che sentono contro e che mettono nei loro mirini. E così scelgono, fanno campagna elettorale spudorata o, persino, il “tifo” da stadio per un candidato solo perché quel candidato è il nemico dichiarato dei loro nemici.
L’incontro che avevo in mente e che ho cercato sempre di realizzare fonda i suoi motivi, invece, su cose ben diverse. E poiché il giornalismo, quello fatto di rispetto per gli altri, di documenti, di libertà assoluta, di trasparenza, di imparzialità (quella vera e non quella falsa fatta per convenienza) esige che il giornalista sia libero davvero, che non faccia solo il megafono di tutti coloro che hanno bisogno di una platea e di un megafono mettendo semplicemente, in sequenza, o sopra lo stesso palco, progetti, volti e parole né faccia campagna elettorale per qualcuno. Ma abbia di certo idee diverse per ciascuno dei candidati (avendone approfondito il percorso e le cose fatte) e voglia capire, assieme ai cittadini e per il bene dei cittadini, alcune cose di fondamentale importanza, cruciali per decidere chi è meglio votare.
Cosa avrei chiesto ai quattro candidati
Voi immaginate, per esempio, quando nel confronto che doveva tenersi domani, 21 maggio, dopo aver messo in rilievo e fatto mettere in rilievo da loro stessi i pregi di ognuno dei quattro schieramenti, se io avessi chiesto, come di sicuro avrei fatto, ai quattro candidati di darmi la lista di coloro da cui hanno avuto i finanziamenti per fare questa campagna elettorale? Magari con il rendiconto (reale) delle spese fatte e di chi le ha pagate? In una democrazia trasparente i cittadini devono sapere sempre quanto è stato speso e chi ha pagato la campagna elettorale di ciascuno di loro. Ma ci sono molte altre domande che avrei fatto.
Cosa avrei chiesto al candidato Esposito…
Al candidato Esposito, verso il quale tutti conoscono la mia posizione non avendone io mai fatto segreto ma lasciato persino un contratto di lavoro a tempo indeterminato per poter essere libero di dire di lui, pubblicamente, ciò che per gli atti, per una sentenza e per me è la verità, avrei chiesto, di sicuro, come mai spaccia per assoluzione una condanna di primo grado avuta non perché dal barbiere, lo scorso 14 dicembre del 2013, litigò con un pensionato reagendo con un pugno ma perché, da sindaco, quel giorno fu arrestato per tangenti, condannato (in primo grado) a 14 mesi e all’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici. E, ancora, gli avrei chiesto, non tacendo sulle sue qualità politiche, come mai, quand’era sindaco di Sant’Anastasia e anche dopo, ha offeso (anche chi oggi fa il suo accolito e gli fa la campagna elettorale) e offende di continuo creando un clima di veleni e di violenza verbale (che sfocia talvolta in quella fisica) e, ha persino, minacciato con telefonate, me e chiunque altro (politico, funzionario comunale, cittadino) se gli si muoveva o gli si muove una critica, se si è o meno a lui “allineati”. Mi avrebbe, probabilmente, risposto nei suoi modi consueti facendo dell’attacco la sua difesa o forse, nuovamente, insultato sul piano umano e professionale rafforzato dal supporto che ha raccolto nelle sue tre liste dove pure ci sono tante persone perbene. Oppure, al contrario, con stile anglosassone e rinsavendo da un passato che ha toni a tinte fosche, mi avrebbe chiesto scusa, decisamente, per le minacce telefoniche fattemi all’epoca rispetto alle quali gli evitai una querela che lo avrebbe fermato già nel 2010. E così chiesto scusa ai cittadini anastasiani per essersi presentato in questa campagna elettorale con una condanna di primo grado avuta il 18 ottobre del 2017 presa per un reato gravissimo commesso nelle sue vesti di sindaco.
Cosa avrei chiesto al candidato Abete…
Al candidato Abete, per esempio, avrei chiesto di dirmi come può creare e gestire dopo le elezioni, nel caso fosse eletto, gli equilibri di un’amministrazione con così tante anime e tanti modi di vedere (tutti legittimi ma alternativi e navigati) il futuro del paese. Equilibri che a crearli in campagna elettorale è già tanto con una compagine di sette liste dentro le quali ci sono tante persone che stimo per le qualità umane e professionali ma che poi potrà essere oltremodo difficile gestire e far perdurare, questo equilibrio, se tutte queste “anime”, legittime visioni del futuro, vorranno farsi sentire di più sulle scelte che si dovranno prendere. E, ancora, gli avrei chiesto come si potranno accontentare coloro, spesso amici ed elettori dei suoi consiglieri eletti, che definiscono, come nel più tipico stile italiano, diritti ciò che in politica si chiamano e sono favoritismi, vicinanze, raccomandazioni quando questi cercheranno, come con tutti gli schieramenti eletti e come da sempre accade nella politica, un vantaggio personale o, persino, un occhio di riguardo nello svolgimento di un concorso al Comune o di una qualsiasi altra vicenda che abbia a che fare con l’amministrazione cittadina? Mi avrebbe risposto, di sicuro, con grande garbo e con l’umiltà che lo contraddistingue. Qualità che sono state cruciali per svelenire in questi ultimi anni il clima di tensione che si era creato a Sant’Anastasia e dal quale lui veniva. Ma avrebbe dovuto convincere anche, con questa domanda nel confronto pubblico, gli elettori incerti se con polso fermo saprà far fronte ad ogni grana, incidente di percorso, richiesta che, in futuro, sarà di certo fatta se vince le elezioni.
Cosa avrei chiesto al candidato Coccia…
Al candidato Coccia avrei chiesto, per esempio, come può un candidato a sindaco, avendo diviso così a fondo un partito, il PD di Sant’Anastasia, che, di fatto, si è diviso sulla sua candidatura, sperare di avere quella capacità che deve avere un sindaco a saper unire e non dividere, ascoltare e non soltanto riconoscere a se stesso, come ha fatto in questi anni, i meriti su molte cose che si sarebbero fatte indipendentemente dal suo impegno e dalla corsa (assai vanitosa e tipica di ogni politica/spot) ad accamparsi meriti del tutto irrisori? E, ancora, come può un candidato a sindaco, in diverse occasioni, come in quella di una visita infelice fatta da me, proprio pochi giorni fa, nel suo comitato elettorale, non avere il minimo senso d’accoglienza e usare toni d’arroganza e di disinformazione che non depongono affatto bene sulle conoscenze, l’equilibrio, il carisma e la saggezza che deve avere un sindaco se vuole essere tale? Mi avrebbe certamente detto che l’unità si può ricostruire e l’arroganza manifestata è stata solo un incidente di percorso. Aiutato ed ispirato in questo dal segretario del PD locale, Lello Mollo, persona d’equilibrio e di temperanza che, invece, ha già molte delle qualità che occorrono ad un candidato sindaco. Il PD è una grande risorsa che in altri paesi, vedi quello di Somma Vesuviana, guidato da Giuseppe Auriemma, a cui mi lega una forte, bella e fraterna amicizia sta facendo un grande lavoro di ricupero politico, sociale e culturale. E sono risorse tutti i partiti se ricominciano a fare i partiti: luoghi di confronto dove si studia la bella politica senza infangare gli altri o spargere sospetti, asti, maldicenze.
Cosa avrei chiesto al candidato Gifuni…
Al candidato Gifuni, per esempio, del quale stimo tante sue qualità umane, l’autoironia, la caparbietà e, anche, la passione delle tante persone perbene che sono nelle sue liste, avrei chiesto che cosa c’entra Salvini ed il richiamo diretto a lui fatto e alle sue idee (che divide le persone, in questi giorni nei modi e nei toni anche peggiori, per provenienza, origini, fede, colore della pelle, condizioni) in un luogo, il nostro, dove questa piccola comunità deve trovare e dare ancora senso d’accoglienza persino a molti suoi concittadini? Sapersi aprire al mondo esterno presso il quale anche i nostri giovani e tanti nostri concittadini devono poter viaggiare, studiare, lavorare e magari già lo fanno? Non a caso, sembri che a Milano lavori una figlia, assai capace e preparata del candidato Gifuni che non ha trovato un posto di lavoro qui. Immaginate se alle elezioni di Milano un candidato a sindaco leghista metta in piedi la lista “prima i milanesi”. E, ancora, gli avrei chiesto chi sceglierebbe di votare se dopo il voto del 26 maggio i cittadini di Sant’Anastasia dovessero essere chiamati ad un ballottaggio tra il candidato Abete (diventato quasi il bersaglio unico in questa campagna elettorale di Gifuni e di Coccia) e il candidato Esposito arrestato per tangenti mentre era sindaco e condannato (al primo grado) a 14 mesi e a 5 anni d’interdizione dai pubblici uffici avendo Gifuni ed il suo schieramento fatto della “questione morale”, giustamente, una questione cruciale? Mi avrebbe di sicuro risposto a suo modo, spontaneo, immediato ma le sue risposte avrebbero dovuto convincere non solo me ma anche gli altri che lo ascoltavano per dare maggiore chiarezza al prossimo futuro.
Voi immaginate…
Voi immaginate, anche solo per un istante, se domani, 21 maggio, avessi fatto le domande di cui sopra e, magari, avessi fatto firmare ai candidati a sindaco “il patto per la legalità” con i cittadini di Sant’Anastasia (di cui ho parlato anche nella riunione di sabato scorso con i rappresentanti dei quattro candidati a sindaco) che avevo già preparato con questo clima e con quello che da dieci anni è diventata la politica a Sant’Anastasia? Ma io faccio domande. Le risposte le cerco dagli altri e domani sera le avrei chieste pubblicamente anche a nome di tutti i cittadini anastasiani stanchi di sentire comizi, di constatare che ciascuno, ovviamente, si sente sempre il migliore, l’unica alternativa, la vera garanzia di giustizia e di bene comune. La politica dice sempre bugie e non per cattiva fede ma per missione. Essa deve convincere che chi parla merita il voto che chiede.
Il giornalismo cerca altro. Io mi fermo qua con le elezioni comunali del 2019. Il prossimo futuro si decide domenica anche senza quella occasione di civiltà e di confronto che tutte le altre volte, dal 1995, siamo sempre riusciti a fare con tranquillità (tranne cinque anni fa) al Metropolitan. Qualcuno gode per questo. Qualcuno si rammarica. Io propendo da sempre per questi ultimi perché il confronto pubblico è segno di civiltà e non poterlo fare al Metropolitan o altrove è sempre una sconfitta per la democrazia e la trasparenza. Ci sono vecchie e nuove insidie che solo i cittadini anastasiani (quelli che non provano odio per gli altri) potranno cacciar via ricuperando ciò che alcuni hanno voluto sottrarci.
Un ringraziamento a Raffaele Granata, Lello Mollo, Luigi Corcione, Armando Di Perna, Angelo Tabellini che hanno avuto la pazienza, come l’ho avuta io, di fare tre ore di riunione con me lo scorso sabato. Un ringraziamento ai quattro candidati a sindaco (dei quali in pubblico come in privato penso esattamente ciò che ho scritto sopra) per la loro disponibilità a fare il confronto che prendo in toto per vera. Non si deve mai dubitare delle persone tranne quando i giochini della politica e dei ruoli che essa affida riescono a fagocitare anche le più nobili cause.
Alle mie colleghe Gabriella Bellini (più volte insultata assieme a me dai peggiori anastasiani) e a Daniela Spadaro l’augurio di buon lavoro per i prossimi giorni che saranno frenetici. L’informazione (che non deve mai farsi megafono per nessuno, né salotto o propaganda) è un luogo serio e cruciale che non possiamo affidare a chi fa campagna elettorale dai social a favore o contro qualcuno per simpatia, invidia, contributi chiesti e non ottenuti. Essa non può essere lasciata ai social dove tra “casalingue”, pensionate/i, candidati e blogger si gioca a chi la spara meglio, a chi sparge più odio e più veleno. Senza fonti, senza deontologia, senza mestiere. Buon lavoro a loro. E buon voto a tutti i miei concittadini!